Da quando abito di fronte al Santa Maria della Pietà – ex manicomio provinciale di Roma, ora parco con padiglioni utilizzati e altri lasciati all’abbandono – le occasioni per riflettere sulla “follia” sono quotidiane. Ho passato mesi a fare ricerche alla Biblioteca Cencelli del Padiglione d’ingresso alla struttura, in ogni giorno libero, e mi basta comunque sedermi sul terrazzo a bere un caffè per avere di fronte a me un luogo deputato alla gestione della “follia”, prima della legge Basaglia. Ragionare sulla follia è ragionare sulla società, la normalizzazione del diverso, e l’estensione sempre maggiore dei “normalmente” nevrotici, egopatici, schizzati di successo. E la poesia, in tutto questo, cosa può dire, o tacere? E’ un campo immenso e spinoso, quello che il drammaturgo e poeta Marco Belocchi ci ha invitato ad esplorare, incuranti della sospensione e della calura agostana. Sono stata in ottima compagnia, come si vede dalla locandina, con Stefania Di Lino, Luciana Raggi, Letizia Leone e altre voci potenti della poesia contemporanea.
